E’ il 20 agosto 1991 e ad Olympia viene organizzata una sei giorni di spettacoli, convegni e concerti: la scena alternativa del Rock indipendente si riunisce, spinta dal voler trovare una nuova identità dopo la fine ingloriosa del fenomeno grunge, che dopo aver resistito qualche anno alla morte di Kurt Cobain viene dato in pasto ai media generalisti ed esce definitivamente dalle riviste specializzate, perdendo quella caratteristica nota ribelle. È in questa occasione che si fanno largo gruppi tutti al femminile, come le Rose Melberg, le Bratmobile e le Haevens to Betsy che finiranno per organizzare un festival alternativo all’interno del festival stesso al grido di “Love Rock Revolution Girl Style now!”.
Le Riot Grrrl
Ad Olympia, cittadina universitaria attraversata da fermenti, a partire dalla seconda metà degli anni ‘80, nasce un movimento musicale e culturale, fortemente politicizzato, ispirato alla subcultura ribelle del punk e al pensiero radicale del femminismo anni ‘70, che trova punti di riferimento solidi nell’attivista Betty Friedan e nella giornalista Gloria Marie Steinem: prende forma la “Riot Girl scene”.
Il movimento diventa un mezzo di protesta e di lotta contro la struttura patriarcale della società, la misoginia, le discriminazioni di genere, il femminismo accademico e perbenista e, per estensione, il razzismo, ispirandosi a tematiche legate all’autodeterminazione e alla soggettività femminile, inserite nell’ottica della lotta di classe.
Musicalmente il movimento si ispira ad artiste che già anni prima avevano tentato di appropriarsi di spazi che erano stati loro preclusi nel Rock, nel quale le donne avevano principalmente il ruolo di comparse saltuarie che restavano relegate ai margini della scena: le straordinarie Janis Joplin e Patti Smith diventano icone indiscusse. Le Riot Grrrl decidono di fare lo stesso con il Punk: una delle riviste del genere, la Sniffin’ Glue, titola “Punks are not Girls” e le artiste invece dimostrano il contrario, riprendendosi ciò che era stato loro sottratto fino a quel momento. In un’immagine simile, Kathleen Hanna, cantante delle Bikini Kill, apre ogni concerto esortando le ragazze a farsi avanti: “All Girls to the front! All boys be cool, for ones in your life. Go back!”. La leader del gruppo dichiarerà poi che non c’era risentimento nei confronti degli uomini, ma solo il tentativo, più che altro simbolico, di occupare fisicamente lo spazio in una società che sempre più tendeva ad escluderle. Politicamente, invece, punto di riferimento per il movimento è la Society for Cutting Up Men, trattato femminista scritto, auto-prodotto e distribuito dall’attivista Valerie Solanas nel 1967. Il testo mantiene un linguaggio irriverente, sessualmente esplicito, beffardo e ironico e meglio non si potrebbe riassumere se non in questo passaggio:
Il conflitto, perciò, non è tra femmine e maschi, ma tra SCUM (letteralmente “feccia, impurità”) – le femmine dominatrici, determinate, sicure di sé, indipendenti, orgogliose, avventurose, sciolte, insolenti, che si considerano adatte a governare l’universo, che hanno scorrazzato a ruota libera ai margini di questa “società” e che sono pronte a procedere speditamente oltre a ciò che essa ha da offrire – e le garbate Figlie di Papà, passive, accomodanti, “colte”, gentili, dignitose, sottomesse, dipendenti, timorose, mentecatte, insicure, avide di approvazione, incapaci di sporgersi verso l’ignoto, contente di sguazzare nelle fogne, desiderose di rimanere allo stadio scimmiesco; quelle che si sentono sicure solo con il Grande Papà accanto, con un omone forzuto a cui appoggiarsi, […] che hanno fatto causa comune coi porci, che si sono adattate alla bestialità, che nella loro superficialità si sentono a proprio agio e non conoscono altro tipo di “vita".
Quello che nasce è quindi un movimento di protesta rude, quasi violento nelle parole, che non usa mezzi termini: le girl-band, prime tra tutte, le Bikini Kill nel ruolo di guida del Riot Grrrl, mostrano il proprio corpo e indossano magliette con parole volutamente volgari o reazionarie come Rape, Bitch, Slut, in una sorta di auto-umiliazione che mette lo spettatore benpensante in una condizione di disagio, obbligandolo ad una riflessione sul tema. Liz Nylor, la manager della band Riot Grrrl Huggy Bear, in merito disse:
In senso simbolico, le donne tagliavano e distruggevano l’immagine consolidata della femminilità, abbattendola in modo aggressivo.
A dimostrazione di quanto la musica fosse principalmente un mezzo per un fine che era invece sostanzialmente politico, vennero organizzate due conferenze internazionali. Nell’agosto del 1991 si tenne ad Olympia la già citata International Pop Underground Convention, dove realtà della scena punk si esibirono guidate, per la maggior parte, da Calvin Johnson, fondatore dell’etichetta discografica K Records e membro del gruppo Beat Happening. L’evento, partecipatissimo, si concentrò sui temi dell’indipendenza e dell’autosufficienza degli artisti in un contesto che sembrò una festa più che una serie di concerti a pagamento.
L’estate seguente a Washington venne organizzata la prima Riot Grrrl Convention che, tra spettacoli e seminari, affrontava temi quali il razzismo, lo stupro, la violenza domestica, l’autodifesa e la sessualità. Uno dei volantini promozionali dell’evento recitava:
Un appello a tutte le grrrls e alle donne! Le Riot Grrrl di Washington DC e dintorni stanno organizzando una convention di tre giorni. Invitiamo tutte le band e gli artisti grrrl e femministi, le grrrl e i ragazzi energici provenienti da tutto il paese a contribuire con le loro capacità, energia, rabbia, creatività e curiosità. Avremo almeno tre spettacoli, oltre a workshop […] Inoltre, ci sarà molto tempo per parlare con altre donne di come ci adattiamo (o non ci adattiamo!) nella comunità punk.
Nel 1991 a Los Angeles la girl-band L7 promuove il concerto Rock for Choice per la libertà sessuale e riproduttiva delle donne, il cui ricavato fu devoluto ad una associazione che difendeva il diritto all’aborto. Il Festival divenne poi un appuntamento annuale fino al 2001 e nelle varie edizioni parteciparono tantissimi nomi noti del Rock americano, come i Red Hot Chili Peppers, Rage Against the Machine, Pearl Jam e Foo Fighter.
Mia Zapata
Nonostante il movimento non abbia avuto l’impatto musicale sperato, l’eredità che lascia alle generazioni successive come modello di lotta e pratica politica è enorme, determinando una nuova fase della lotta femminista. Il Riot Grrrl sapeva chiaramente per cosa combattere, si era posto degli obiettivi precisi e aveva iniziato a muoversi nella giusta direzione, ma fu incapace di organizzarsi e di resistere alla televisione e alle riviste che nel giro di qualche anno intravidero la spendibilità sul mercato dell’immagine ribelle. Viene disegnato il prototipo perfetto della riot grrrl: ragazza bianca tra i 15 e i 25 anni, spesso vegana, agitatrice politica a favore di aborto e contraccezione libera, ribelle nel carattere e nell’aspetto con anfibi neri e piercing facciali. La vita privata ed artistica di molte cantanti diventa una vera e propria ossessione per i giornali e i media: quella di Courtney Love in particolare sarà destinata a restare sotto i riflettori a lungo. Diventata famosa nel 1986 con il suo gruppo Pagan Babies, o come lei lo aveva inizialmente chiamato Sugar Baby Doll, si affermerà definitivamente come frontwoman delle famosissime Hole, grazie all’album esordio Pretty on the Inside. Nel 1991 la relazione tormentata con Kurt Cobain diventa di dominio pubblico e dopo la nascita della figlia Frances Bean la rivista Vanity Fair non mancherà di accusarla di essere una madre irresponsabile e assente. Per finire qualche anno dopo arriva lo scontro con Dave Grohl e Krist Novoselic sui diritti del repertorio dei Nirvana. Del Riot Grrrl, già da qualche anno, non restava più nulla se non trafiletti di gossip sulle “ragazze ribelli” in qualche pagina di riviste patinate, ma il 7 luglio 1993 si spengono definitivamente i riflettori: Mia Zapata, cantante e musicista, leader della band punk The Gits, viene violentata ed uccisa. La commozione è tanta e diffusa anche tra band che non facevano parte del movimento, ma che diverse volte si erano mosse a sostegno delle cause Riot, come Nirvana e Pearl Jam. La rabbia è tanta, ma non basta e la scena musicale neo-femminista non riesce più ad organizzarsi.